“Voi vi divertite, fate finta. Voi interpretate un ruolo, come quando eravate bambini. Giocate coi problemi sociali come con le macchinine. Con cosa giochiamo stasera? L’aborto, il velo islamico, il Bike Sharing o il diritto di sciopero? Voi siete uguali, giocate ad azzuffarvi. Avete sempre fatto così.”
foto di © Stefano Roggero
Parigi, oggi. Cinque persone appartenenti alla media borghesia stanno per vivere una serata come tante altre. Élisabeth e suo marito Pierre sono professori. Vincent, il fratello di lei, fa l’agente immobiliare e la sua giovane moglie incinta, Anna, è un’esperta di moda, mentre Claude, storico amico d’infanzia, è musicista. Vincent e Anna stanno per diventare genitori per la prima volta e vengono invitati per festeggiare, insieme a Claude, a casa di Élisabeth e Pierre. Ma quando la giovane coppia rivela il nome che vuole dare al bambino, tutto si frantuma. La discussione degenera investendo valori e scelte personali. Tra sorprese e battaglie private che non escludono nessuno, si svela il ritratto di una famiglia allo sbando. Tutti e cinque fanno i conti con i propri segreti e i propri difetti, ma anche con un comune sentimento di appartenenza che porta ad un finale aperto e “riparatore”.
LE PRÉNOM
Cena tra amici
diretto e interpretato da Agnese Mercati, Federico Palumeri, Alessandro Cassutti, Lorenzo De Iacovo, Giulia Cerruti
voce di Matilda Leone
elementi di scena Maurizio Fò
assistenza tecnica Chiara Bosco
Una produzione Crack24, in collaborazione con Doppeltraum Teatro e con il patrocinio di Fondazione Piemonte dal Vivo e Città di Torino
Lo spettacolo nasce nel 2018 grazie all’incontro della Compagnia Crack24 e Doppeltraum Teatro. A partire dalla prima lettura del testo ce ne siamo immediatamente innamorati: una divertente “chiacchiera quotidiana” di un nucleo famigliare borghese costituito da stereotipi sociali ben riconoscibili, in grado però di arrivare a parlarci dell’universo umano con una sensibilità e profondità rari. È una vera e propria macchina da guerra, non c’è niente di scontato o di fine a se stesso, e non è solo una commedia: si ride tanto, ma si arriva presto a riflettere su quello che sta all’interno delle nostre famiglie. Osservando i personaggi non ci si può non riconoscere, anche se con un po’ di fastidio, in uno o più di loro: non sono ne’ buoni ne’ cattivi, ne’ giusti ne’ ingiusti, sono semplicemente reali, umani e quindi complessi.
La risposta era chiara a tutti: buttiamoci in questa cena!
La casa che abbiamo scelto è un ring. Un pvc bianco il nostro pavimento. Pezzi di legno grezzo i nostri muri, macerie che non si tengono più su. Una casa senza fondamenta, faticosa da costruire, facile da distruggere.
Cinque persone entrano nello spazio bianco ed è subito casa. Citano ricette all’unisono ed è subito cena. Si lanciano una manciata di polvere ed è subito la fine. L’immaginazione ci prende per mano, il pubblico è seduto in casa con noi, attorno ad una grande tavola/ring, a vivere una cena in cui si parla, si ascolta, si ride, si urla, si assiste a colpi di scena grotteschi, a balli che spezzano silenzi insostenibili, a rancori e legami profondi che esplodono all’improvviso. Da uno scontro politico nasce uno scontro tra esseri umani che fino a quel momento erano convinti di conoscersi perfettamente, di essere trasparenti gli uni per gli altri.
Così, da un’ atmosfera apparentemente divertita in cui ognuno cerca di “salvarsi la faccia”, irrompe qualcosa di reale che fa surriscaldare gli animi e ne svela la parte più oscura.
Il super obiettivo che ci guida dal primo giorno di prove è arrivare all’essenza de “Le prénom”, al non detto, a ciò che sta sotto le parole, sotto il salotto, sotto la cena. Abbiamo lasciato in cantina tutto ciò che non era fondamentale per il racconto di questa storia: il divano, il tavolo, le sedie, il cibo, il vino, i pianti finti dei bambini, il pancione di Anna, ecc…
Ci siamo costretti in una condizione di pericolo, su di un pvc spoglio, senza appigli esterni se non il pubblico, che se si ascolta rimane l’appiglio più forte di tutti, perché pensiamo che il teatro e la vita siano un rischio condiviso e che l’unica cosa che possiamo fare in quanto interpreti sia quella di metterci in una reale condizione di apertura e di lasciare esistere il nostro bisogno degli altri. Questa è la condizione a cui naturalmente arriva anche ogni personaggio della nostra storia, smascherandosi, ignorando le convenzioni delle buone maniere e abbandonandosi nel vuoto per dire semplicemente ciò che pensa in faccia ad amici e parenti. Ci siamo aggrapparti alla verità della relazione tra di noi e con il pubblico, siamo passati attraverso il pericolo di fallire, la debolezza, la bellezza, la forza, la cruda verità, la vita.
Tutto questo è ciò che ci auguriamo di regalare attraverso il nostro lavoro, perché ci appartiene, così come appartiene ai personaggi della nostra storia e, chissà, anche al pubblico che sarà presente.
Ad una prova aperta ci è stato chiesto: “Perché vederlo a teatro? Perché non andare al cinema?”. Questa è una domanda preziosa che ci ripresentiamo ogni sera prima di iniziare, una domanda che ci ha portato a cambiare il nostro modo di vivere l’intero spettacolo e di modificarne il finale stesso. Il teatro ha il fascino che avviene dal vivo, qui, ora, ogni sera, ogni prova è sempre diversa dall’altra, accetta l’imprevisto, il rumore, la stanchezza, la risata. Il teatro accetta e comprende gli altri, nel campo televisivo e del cinema non esiste questa magia. Cerchiamo consapevolmente il contatto con il pubblico perché ogni sera ci regala una quantità di spunti di relazione con la vita, con la realtà quotidiana e con sentimenti che sono universali e condivisi. Lo facciamo a teatro perché speriamo che per noi e per chi viene a circondarci (nel vero senso della parola) possa esistere un prima e un dopo lo spettacolo diversi, perché in fondo Élisabeth, Anna, Pierre, Vincent e Claude ci hanno ricordato che la fissità nelle relazioni, nel lavoro e nella vita non sono la via che vogliamo prendere, preferiamo invece restare fluidi e aperti, pronti a metterci in discussione ogni sera, sbagliando tutto fino in fondo per davvero, piuttosto che restare fissi e comodi in ruoli assunti anni e anni fa.
Ma queste, chiaramente, sono solo parole.
Agnese Mercati
- 12 Maggio 2018
Officine Folk, Torino - 13 Maggio 2018
PiùSpazio4, Torino - 13 Agosto 2018
Centro Sociale di Felina (RE) - 13 Settembre 2018
Cascina Duc Grugliasco - 19 Ottobre 2018
Lanificio F.ll Botto, Miagliano (BI) - 17 Febbraio 2019
Teatro Dravelli, Moncalieri (TO), rassegna “Fermata Bengasi” - 6 Giugno 2019
Cascina Duc, Grugliasco (TO), rassegna “L’Arte nel pagliaio”
Hanno detto di Le prénom…
Spettacolo molto divertente. Siete stati bravissimi.
N. Verri
Complimenti ancora! Bravissimi e coinvolgenti.
C. Angì
Orgoglioso di voi.
J. Ferrini
Ecco un tipico esempio di spettacolo che, dopo averlo visto, fa venire voglia di tornare a teatro.
P. Canfora
Gli artisti hanno dimostrato che per la riuscita di uno spettacolo non è necessaria una scenografia importante, bensì hanno saputo creare lo spazio intorno a loro con mattoncini di legno. Io l’ho trovato illuminante, provocatorio e BELLO.
C. Nigro
Spettacolo realizzato in collaborazione con


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