Storie di Peer Gynt

“È troppo brutto guardare il destino in faccia. Meglio scacciare i pensieri come si può. L’uno ricorre all’acqua vite, l’altro alle frottole; eh già! Noi ci buttammo sulle fiabe di principesse, trold e animali fatati. E di spose rapite. Ma chi poteva immaginare che quelle fantasticherie lo avrebbero portato a questo!”

foto di © Martino Piano

Un testo di più di cento anni fa, difficile da rappresentare, ma che ancora oggi può parlare di noi giovani.
Un testo che impone una serie di interrogativi – anche scomodi – sul futuro, sul desiderio, la paura, l’abbandono, l’eros, la mediocrità e il fallimento. Tante le ispirazioni (da Fellini a Dolan, passando anche per la musica di Guccini) per raccontare le storie di uno dei personaggi più indecifrabili di Ibsen. 

STORIE DI PEER GYNT
da Henrik Ibsen

adattamento e regia Alessandro Cassutti

con Paolo Canfora, Alessandro Cassutti, Giulia Cerruti, Erica Landolfi, Stefano Paradisi, Carola Rubino

elementi di scena Maurizio Fò

Lo spettacolo è stato presentato in forma di studio ed è prossimo al debutto.

Un testo, scritto 150 anni fa da un norvegese, che inseguo da 9 anni; considerato da molti impossibile da rappresentare, mi ha parlato di cose a me vicine. I sogni di un giovane sul suo futuro, la sete di avventure da vivere e raccontare. L’impulsività e l’erotismo, la paura e l’abbandono. La mediocrità. Il fallimento.

Ho abbandonato le troppe parole, le cose lontane nello spazio e nel tempo, la fiaba troppo simbolica, il gran pessimismo e il cattolicesimo. Ho capito che bastavano sei persone per raccontarla, tre Peer per i capitoli di una vita, una madre, una compagna e un’amante dai molti corpi. In un baule ci sono i travestimenti essenziali che trasformano le comparse in protagonisti.

Per i luoghi della storia, la casa diviene tappeto: da calpestare, indossare, che riscalda, nasconde e intrappola. Tappeto rosso il paesino natale, verde la reggia dei trold, giallo l’oasi nel deserto, blu il manicomio. Suggestioni sonore per la natura selvaggia. La Canzone dei dodici mesi di Francesco Guccini che incredibilmente racconta proprio questa storia, divisa in capitoli di una vita da poter cantare e non solo.

Molte ispirazioni dal cinema, Fellini e Dolan. Scene riscritte in tre modi diversi per poi tradire Ibsen e reinventare la storia che vogliamo raccontare. Anzi tante storie, più suggestive che oggettive. Spesso in penombra e sussurrate, a volte narrate o lette.
Sono storie della vita incredibile di un uomo che forse non ha vissuto affatto.

Alessandro Cassutti

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